Sto prendendo gusto nell’affibbiare titoli fuorvianti ai miei racconti. Nella fattispecie, il mio intento era quello di attrarre masse di casalinghe, rimaste in qualche modo orfane di Julio Iglesias, che mi risulta essere in pensione da qualche anno. Dalla regia mi fanno notare però che, sostanzialmente, la classe sociale ‘casalinghe’ non esiste più, e che l’Istat ha scaricato anche quella storica di Voghera per sostituirla con qualche influencer: signora mia, i temi cambiano e bisogna adeguarsi. Certo non è il modo migliore per iniziare una storia breve, ma si sa, noi piloti di palloni apparteniamo più ad un secolo ormai lontano che alla modernità. Mi chiedo soltanto cosa penserebbe di me il celebre menestrello iberico, nel vedermi lavare e stirare le mie divise da lavoro: probabilmente si disegnerebbe sul suo volto un ghigno di disapprovazione. Amico, non pensare che le tue canzoni abbiano un effetto diverso su di me!
Ok, svelato il bluff delle casalinghe concentriamoci su cosa effettivamente significa, a livello sociale e in ambito lavorativo, presentarsi alle persone in qualità di pilota di palloni. Vi posso assicurare che implica vantaggi e svantaggi. Cominciamo dal virtuale: attualmente sono celibe, o meglio single, per cui mi concedo escursioni nel magico mondo delle app di dating – esperienza che può avere contorni assolutamente inaspettati, e che per questo motivo consiglio a tutte/i di provare quantomeno una volta nella vita. La bellezza del dialogare tramite etere sta nel potersi prendere i propri tempi per la risposta, restare volutamente fumosi ed incuriosire in questo modo l’interlocutrice/tore. Non nego che il rivelare la mia professione susciti generalmente una certa ammirazione, ma ci sono stati casi di reazioni quantomeno da me impreviste. Sono convinto che se mi sforzassi un po’ di più nel ricordare potrei scrivere ben più di un racconto breve, riguardo a questo argomento; rimane però il problema di fondo della mia indolenza, per cui mi limiterò a riportare un paio di dialoghi.
Non nego che il rivelare la mia professione susciti generalmente una certa ammirazione, ma …
Dialoghi:
#1: ‘ Piacere Mauro, sono Lucia. Che lavoro fai?’ ‘Piacere Lucia, faccio il pilota di mongolfiere.’ ‘Pilota di mongolfiere? Ma che lavoro è? Non ne puoi trovare uno più serio?’ ‘In effetti prima facevo l’impiegato, ma proprio non mi piaceva…così ho deciso di cambiare…’ ‘Beh, hai fatto male, quell’altro era più sicuro ’ ‘ Abbi pazienza, non mi conosci: come fai ad esprimere giudizi su quel che faccio?’ ‘ La verità brucia, vero???’ Fine chat, non mi diede più modo di rispondere, bloccandomi.
#2: ‘Ciao Sara, bel sorriso il tuo!’ ‘Piacere Mauro, ti ringrazio. Esattamente che lavoro fai? Dal tuo profilo non si capisce molto…’ ‘Ehehe, l’ho scritto apposta, in modo che risulti poco comprensibile, per indurre curiosità :)’ ‘…ma quindi, cosa fai?’ ‘ Il pilota di mongolfiere’ ‘ Pilota di mongolfiere? Davvero? Ma ci vivi?’ ‘ Sì, iniziare è stato un po’ difficile, però al momento ne ricavo uno stipendio decente’ ‘ No dai, sul serio, dimmi che lavoro fai: non puoi vivere facendo il pilota di mongolfiere!’ ‘ Hai ragione Sara, mi hai beccato. Volevo trovare il momento giusto per dirtelo, dato che è un po’ delicato. Il mio stipendio da pilota non mi permette di campare, per cui di notte vendo il mio corpo – in tacco 12 e guepiere – su una statale molto trafficata. Fortunatamente piaccio, e questo mi permette di integrare abbastanza bene.’ Ovviamente la chat, anche in questo caso, non proseguì oltre…
In un’altra occasione, sempre al termine del volo, fui oggetto di un interrogatorio da parte di un passeggero in particolare: voleva sapere se avessi moglie, figli, fidanzate, amanti (evidentemente non gli avevo raccontato per bene delle mie vicissitudini sui siti per incontri, come invece ho fatto con voi). La triste ammissione della mia arida vita sentimentale non lo scoraggiò: praticamente in lacrime, volle assolutamente lasciarmi una mancia, pregandomi di concedermi una cena con una qualche persona a me cara. Per fortuna lo aveva seguito anche in volo la sua compagna, che sapeva quanto fossero grandi al contempo la sua paura e la sua voglia di volare; al decollo era terrorizzato, ma
al termine era contentissimo e super emozionato per aver coronato il sogno di una vita. Ci lasciammo con un abbraccio.
Riflessioni
Riflettendoci meglio, forse il punto non è tanto che le mongolfiere attirano a sé spiriti peculiari; piuttosto, probabilmente, le emozioni che si provano in volo a volte ci spogliano delle inibizioni sociali necessarie a vivere in società, e ci avvicinano agli altri in maniera inaspettatamente rapida (ok, anche i ripetuti brindisi finali aiutano in tal senso). Queste stesse emozioni erano ben visibili sul volto di Roberto, mio collega in ufficio ed ex comandante di aerei di linea su tratte intercontinentali, che conobbi quando purtroppo era in congedo per malattia. Con una discreta faccia tosta gli avevo spiegato che anch’io ero pilota, e l’avevo quindi invitato in pallone, non ci aveva mai provato ed era entusiasta all’idea. Era un uomo minuto, e quando una volta in cesta mi chiese quale fosse la rotta, alle mie parole si rannicchiò sul fondo: la mia risposta ‘ al momento non so dirtelo’ non lo aveva affatto tranquillizzato, abituato com’era a dirigere lui l’aereo sui binari ben stabiliti delle tratte prefissate. Eppure a fine volo era contento come una pasqua, così stupito di quanto si possa andare lentamente galleggiando nell’etere, e ci aiutò anche a recuperare l’aeromobile da un terreno difficile.
A me ogni tanto piace pensare che volare sia un modo di stargli un po’ più vicino, adesso che non c’è più. E il titolo di questo racconto, non propriamente calzante nei miei riguardi, per lui sarebbe stato perfetto.