È l’alba. Fuori non c’è ancora il sole. E fa freddo…lo capisco guardando il cielo dalla portafinestra, è limpido. Ci saranno sì e no 3 gradi sotto lo zero. Quando esci ti colpisce aggressivo, il viso, le mani. Ma sono preparato e non è una sorpresa tantomeno una novità. Ci abbiamo fatto il callo. La macchina sembra una cella frigo e non fa nemmeno in tempo a scaldarsi che son già in sede.

Adesso Sede è con la esse maiuscola. Ha un senso, è come una seconda casa. Ci sono le luci accese, il portone è spalancato, ci sono già le macchine dei ragazzi nel parcheggio. Entro e mi accoglie l’odore del caffè. Adesso che Marco e Fabri hanno le chiavi mi riesce difficile arrivare primo. Non c’è niente da fare, gli dici un’ora e stai sicuro che quando arrivi loro son già lì…

Marco è stato il primo equipaggio di terra. Poi a ruota è arrivato Fabri. Son talmente tanti anni che ci sono che ho perso il conto. Poi, a poco a poco, son arrivati tutti gli altri; l’azienda è cresciuta, come pure le dimensione delle ceste.

Flashback

Ricordo ancora come fosse ieri la mattina in cui Fabri guarda questo gruppo di passeggeri avvicinarsi. Siamo a Barolo e lui è la prima volta che fa servizio sul 210; poi guarda me e mi dice:” ma son tutti tuoi?!?”. Li guardo anch’io e ridendo gli rispondo che sì, sono tutti miei. Erano dieci ed erano decisamente tanti.
È stata una bella sensazione. Marco e Fabri ci hanno visto crescere, con I-NDYA, la prima mongolfiera, che portava solamente una persona oltre al pilota…che voli abbiamo fatto assieme.

Adesso mi guardo attorno; ci sono sorrisi, battute, c’è allegria e cameratismo. C’è una bellissima atmosfera insomma. L’inverno è per noi bassa stagione e quindi siamo molto rilassati, benché ancora provati dalla stagione appena passata.

Prepariamo tutto, tavolino, documenti, borsa frigo con il brunch, e tutto il resto.

Ormai non serve più che ci diciamo nulla, non con i veterani almeno; i più giovani vanno ancora controllati…

Attacchiamo il carrello al fuoristrada e facciamo l’ultimo check (a voce alta!). Quello si fa sempre e comunque. È la regola e su quella non si transige.

Poi si parte.

Stamattina c’è poca strada da fare, siamo a Carrù a decollare, a Cascina MoMa da Marina. Cinque minuti e siamo arrivati.

Fa talmente freddo che l’erba scricchiola sotto i piedi. Gonfiamo un palloncino per vedere la direzione del vento; è normale, si va verso Nord, verso Bene Vagienna.

Giù la cesta, il ventilatore, il pallone. Prepariamo in silenzio oggi; l’aria quando entra dal naso fa male e ha un buon sapore.

Arrivano i primi passeggeri; due battute sul freddo, le solite frasi di circostanza e si continuano i preparativi.

Ora ci son tutti; stamattina son solo in cinque.

È il momento di tirare su il pallone,

Ventilatore al massimo, Marco alla corda di corona, le prime sgasate di bruciatore (il tepore che arriva è come una benedizione) e lentamente vedi il bestione che inizia a sollevarsi.

Adesso sono concentrato al massimo; basta battute, basta scherzare.

Bisogna fare con calma quando fa così freddo; bisogna dare il tempo all’aria del ventilatore di entrare, di riempire bene tutto il pallone, sennò c’è il rischio che vada su sgonfio; e questo non va bene, si rischia di bruciare la bocca…

Ma noi facciamo bene, piano piano, siamo bravi, poche sgasate per volta e poi si aspetta un po’, un’occhiata veloce di complicità con Fabri, che sta al ventilatore, il pallone che si gonfia come deve e con due ultime fiammate ecco che ce l’hai sopra la testa.

Ora bisogna fare a modino tutto e con una certa solerzia: si fanno salire i passeggeri, li guida Fabri, uno alla volta, mentre Marco mi aiuta a sbrogliare le corde che inevitabilmente si sono incastrare da qualche parte.

Qualche altra fiammata per gonfiare bene il pallone; basta poco perché con il freddo è molto reattivo.

Ci guardiamo con Marco, c’è un sorriso di piacere sulle nostre facce;

due battute stupide, la posizione in tempo reale su WhatsApp, prova radio e giù la bombola di gonfiaggio.

Ed è qui che, nonostante sia la centesima volta, nonostante gli anni passati a fare questo, è nel momento in cui sento il cesto “diventare leggero” che capisco perché lo faccio, che mi emoziono, ogni volta, che tutto passa in secondo piano.

È un attimo, un singolo attimo…prima sei pesante, ben saldo al suolo. L’attimo dopo sei leggero, e lo senti. Tutto il tuo corpo lo sente, lo percepisce: galleggi.

Il resto, da qui in poi, è un volo ordinario.

Bello come sempre, diverso uno dall’altro, emozionante…

Che merita un’altra storia…

Decollarono nel cielo blu

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